Francesco pigliatutto | Ritratti di strada

Si presenta un giorno, non l’abbiamo chiamato. 

Si ferma a mangiare, non l’abbiamo invitato. 

Si piglia tutto, non glielo abbiamo offerto. 

Si presenta come vive, con il lamento sulle labbra, costante continuo e incessante. 

 

Lui è Francesco, e sostiene di essere per strada. Senza soldi. Senza affetti. Abbandonato da tutti, amministrazioni comprese. Non ha lavoro. Non lo trova, ovvero, nessuno glielo vuole concedere, nessuno glielo vuole dare, è fuori età, ha cinquantasei anni. E si lagna. 

 

Si lagna dell’ingiustizia, è discriminante, lui vuole un lavoro, ma di quelli seri. Lui vuole un contratto, a tempo indeterminato. Lui vuole alloggio e vuole da mangiare, non è dignitoso vivere per strada, non avere nulla. E si lagna, che paese ingiusto! 

 

Non si rende neanche conto che quelle stesse lagne le spende in faccia a quell’altro, non italiano, della stessa età, lavoratore in nero e assai richiesto per la maestria, sottopagato la sua realtà da quando è qui in terra nostra, ormai sono anni. E vive in strada, per davvero. Non per scelta, lo si evince 

 

Francesco inganna. E quella strada non la conosce nemmeno. Teme i germi, non si vuole sporcare. Dorme all’aperto sulla panchina perché fa caldo, è estate, vuole girare, ma non vuole pagare. I soldi li ha, non li vuole cacciare. E così anche lui è uno di loro, piange miseria. Viaggia in treno per tutto il paese, pure in Freccia Rossa, ma non si sogna di pagare il biglietto, chi glielo fa fare di spendere soldi. Pretende una sigaretta, e poi ancora, senza sosta. Eppure in tasca ha il pacchetto. Pretende di essere ospite a tavola, ma non fa niente, non passa neanche il piatto. Si siede e aspetta di essere servito come al ristorante, i soldi li ha e pure ci va, lo abbiamo visto, proprio lì accanto. Lui abusa, come altri, della buona fede di chi a lui crede di essere uno di loro, un fratello, un senzatetto, pure italiano, in terra propria, e di chi non vede nell’ombra le visite al ristorante, le colazioni al bar, le sigarette in tasca, le scarpe nuove, il guardaroba rinnovato perché a lavare non ci pensa minimamente, non è nemmeno in grado. E si lagna. Dalla mattina alla sera. Dalle prime luce dell’alba e ancora prima del caffè fino alla sera, dopo il tramonto, le ultime parole dopo la buona notte.  

 

Lui è Francesco, e si piglia tutto. Anche le male parole che lo perseguitano quando le luci si accendono, il sipario cala e lo spettacolo finisce. Lui scompare, nel nulla, dal quale è emerso.  

Ed era già morto, non aveva nulla da dare. 


Sabina Greco