Panás morto e risorto | Ritratti di strada

La sua storia ha dell’incredibile e se non fossimo personalmente avvezzi a quel prodigio di una cecità isterica gli daremmo del favolista. Ma è la vita, in cuore eccentrica, a cantare storie tra le più venuste, e già noi i protagonisti, e già lui il solo eroe della sua così bizzarra. 

 

Perché lui è Panás, oriundo dell’Ucraina, già lì dichiarato morto, senza il diritto, nemmeno mezzo, di un ricorso in appello. Panás è un nome d’arte, unica voglia di un orbato, quello all’anagrafe non è più il suo, è così che hanno voluto, è così che hanno preso. Rudchenko l’ha ispirato, il Panás già lì poeta di una terra sua natale. Un tempo ormai lontano il Panás qui primattore fu marinaio e pescatore di Granchi Reali della Kamchatka in quel di un mare freddo di Barents, quando un bel giorno ebbe a scoprire di essere stato dichiarato morto da parenti sì persuasivi, per amor di un eufemismo.  

 

Volaron mesi a seguire in cui, invana sorte, egli fece ogni tentativo di convincere un miserando d’impiegato, pur baciapile di un apparato pachidermico tal burocratico, di essere vivo e in salute già lì ritto al suo cospetto. Seppur probante, inequivocabilmente, nella sua presenza di per sé già eloquente, nulla più ebbe a sortire che la triste chiosa a margine di un’esistenza andata, la resurrezione solo appannaggio di una confessione, ma di nessuna competenza di un registro contemplativo delle sorti di ascesa e discesa di ogni anima sì mortale. Suo malgrado si arrese al fatto per quanto oscuro di essere or defunto e già andato, lasciò tutti e tutto, pure il mare, e vagò per vie di terra fino a naufragare in quel d’Italia, terra avvezza alle nuove sorti di anonimo errante e vagabondo senza Madre Patria. 

 

Lui si adatta a fare tutto, è maestro in ogni arte che la vita or gli assegna. Il nome è già solo un nome, il lignaggio un bagaglio assente, e lui Panás, ormai libero di vivere sé stesso semplicemente. É fortunato, se così si vuol dire, non ha un passato da giustificare, non ha un domani da governare, non ha una vita o un luogo di cui avere nostalgia. Vive oggi senza sapere cosa è domani. Vive bene, non si lamenta, non lo tange, è troppo preso a cantare il mondo dalla prospettiva sua personale, unica e singolare, di colui che è già morto. Un vero dono per chi lo ascolta sulla stessa strada fatta di incontri. 

 

Sabina Greco


Opera di Scott Hutchison