L'amore in una bolla di sapone

Penetra nella mente, come il tarlo nel legno a scavare le gallerie, il riflesso di una vizza regina intenta a menar per l’aia uno sciame di fragili e vane ambizioni umane, miscela di calcolo e lusinga dalle ingannevoli e spettacolari effimere iridescenze. La bolla di sapone, languida lamina tra vanità, gioco e morte, brillante, colorata, lucente, disegna l’incanto che si libera nell’aria, a cui l’uomo è a conferire la magia, soffiandoci sopra. È la materia lieve da cui nasce a gonfiarsi di un respiro e a celare l’inganno di una bolla che sotto la luce riflette il sogno sul quale si eleva. Morbida avventura, vaga indisturbata, intrigante e silenziosa… si fa tragica e infausta quando l’amore è a traghettare, in equilibrio nella valva di una conchiglia alla deriva sul mare, come un ragazzino, allegro e compiaciuto, dai capelli biondi con tanti boccoli in quel dipinto di Dujardin, che  

volgendo le spalle al porto e allontanatosi dalla riva, ride mentre gioca a soffiare bolle di sapone e non si accorge delle minacciose nuvole all’orizzonte e del mare sempre più increspato, ad annunciare una tempesta della quale è scontato l’esito [Veruska Picchiarelli]... 

o come in quella storia di lei regina,  

unico pezzo sulla scacchiera dal potere assoluto,  

e del suo re poeta, senza regno,  

che ama per passione e danza nudo per follia. 

 

Un incontro votato, un sentiero pur tortuoso avviato.  

Una luna regalata, una stella guadagnata, che disvelano l’accesso al regno di una regina dentro… la soglia varcata insieme, fianco a fianco, la libertà riconquistando. Un infinito da affrontare insieme, felici e contenti, in quell’amore che è per sempre - fino a quell’attimo di un amaro risveglio, in cui lei, la regina, è a scoprire le sue carte. In maniera decisa e altezzosa, in presunzione di diritto di imporre la propria volontà assoluta, espone a lui la frustrazione, l’amato re ora sotto accusa:  

non c’è regno, non c’è speranza 

non hai fatto nulla per conquistarlo, fosse anche con la forza 

l’aspettativa è tradita 

il sogno infranto 

la fiducia ormai andata 

non hai inteso l’ordine di assecondare le mie pretese 

non ti sei gettato ai miei piedi in segno di supplica e abbandono 

hai reso degna la tua sola arte… 

termina qui la nostra strada, son ferita e pur delusa, ma l’amore resti in cuore. 

 

Il re poeta è confuso, stordito e turbato, come abbattuto da un palo in fronte. I regni appaiono e scompaiono, la vita ci insegna bene, l’amore è altra cosa, ci vuol la voglia di esplorarlo, ci vuole un cuore per illuminarlo, ci voglion due per partorirlo - tutto ciò giammai segreto. Tanta brama va onorata, il capo chino di un re estinto, 

il poeta non parla… 

ma prende la mano della ragazza 

e le pone nel palmo una perla 

seguita da una dolce carezza.  

Non più gradita la sua presenza a corte, irrisi i suoi servigi, un nobile sentimento trasformato in una farsa e liquidato alla maniera regale di Re Carlo III, che all’indomani della dipartita della regina madre, il corpo ancora da tumulare, licenzia senza preavviso i propri dipendenti della storica sua residenza di Londra… lui svanisce nell’oscurità, quella stessa a cui ancora, rapita e stupita, una perlacea e lunare fanciulla dai capelli arancio fuoco è ad affidare la sua ingenua bolla, ignara che è da sempre la sola perla, sorella sfera, tessuta dal vivente, a rendere una perfetta e pura bellezza, l'amore nella sua pienezza, l'innocenza, l'umiltà e, non da meno, il senso di gratitudine e di riconoscimento.  

 

Sabina Greco


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Joseph Victor Ranvier
Olio su tela - circa 1870