Medicina del cuore in trincea e nelle retrovie
Nossignori, l’accostamento del concetto e della dimensione di guerra alla realtà di un’invasione microparassitica recente in Italia, ad opera di uno dei tanti CoV dell’ampia famiglia dei virus respiratori, non è ammissibile. Ogni vissuto di guerra di aggressione e invasione per effetto di un macrorganismo estraneo e nemico che si rispetti, si nutre di talune manifestazioni di umana natura intrinseche e autentiche a partire da quanti usano quotidianamente porre al centro delle proprie attività l’uomo, con lo scopo di accompagnare la cura del disagio fisico e psichico in particolari condizioni di tensione emotiva e di stress.
Basti evocare qui i ministri di un culto religioso che, nel rispetto di una pretesa potenza della benedizione, battono apertamente campi e retrovie invocando il bene e la protezione di Dio per terre e uomini - e non i salotti di casa propria, trincerati nell’assenza e al riparo di una porta serrata. Basti rammentare qui il personale medico e infermieristico che, in omaggio a una supposta inclinazione naturale a esercitare l’arte al di là di un giuramento, operano e curano i feriti - pure gravi e magari sul punto di andare - in condizioni estreme e di emergenza, sui terreni imbevuti di sangue, lontani dal tepore di una sala sterile e protetta, senza perdersi in lamentazioni, attacchi e risentimenti. Basti scomodare qui la schiera di egregi dalla vasta competenza nel settore che, nella lucida e consapevole individuazione e collocazione del soggetto estraneo e nemico, torturano l’ingegno per infliggere allo stesso una sonora sconfitta - e non la materia che malauguratamente e involontariamente si trova, per sua indeclinabile natura, a ospitare il soggetto estraneo e nemico, e imporre alla stessa l’onere di cavar d’impaccio le patrie sorti. Basti richiamare alla memoria le parole illuminanti di J. Hillman a tal riguardo…
Valutare correttamente il nemico non è semplicemente misurare le forze con satelliti spia, decifrare codici e unire puntini su una mappa. Immaginare il nemico significa lasciare che l’altro ti entri dentro e occupi le zone intere della tua anima, significa cedere, lasciarsi penetrare ma non possedere.
Poi ci sono gli individui, il singolo, il sodale, il vicino, l’amico, il parente, il compagno d’arme, nel contesto angusto dell’emergenza immediata, per il cui tramite è a fluire senza limiti quell’amore altruistico esclusivo, quel sentimento di solidarietà, quella intimità che i tedeschi chiamano “Kameradschaft”, e che si realizza nell’inesauribile desiderio di essere d’aiuto sul campo…
C’è la tenerezza; chi distrae un compagno dalla dolorosa concentrazione su di sé; chi aiuta un altro a morire, parlandogli finché lascia la presa; chi allevia i rimorsi per una grave sciocchezza compiuta. Medicina del cuore somministrata in dosi premurose. Nelle piccole unità, ciascuno si prende cura dell’altro, ne copre le mancanze -
mi soccorre ancora Hillman. Una solidarietà di gruppo nella contingenza, questa, molto diversa da quella diluita e incolore di un patriottismo insipido, iscritto nella sola bandiera, che invece è a investire uno sciagurato in terra nostra con le sue profferte di accuse, condanne, abbandoni, risolute e passionali svalutazioni dell’altro, isolamento e claustrazioni al di là dell’occorrenza sanitaria, e… nostalgie marziali di fucilazioni come metodo terapeutico - a sentire un funzionario capo regionale già sceriffo.
Nossignori, l’accostamento non è ammissibile, e a rivederlo, è ad offendere la persona nella dignità, già attribuita all’essere umano in virtù della sua essenza fine in sé stessa con il divieto assoluto di ogni sua strumentalizzazione.