Esta selva selvaggia e aspra | Del resto sono solo una puttana

Mia amata Dafne.


Lo ammetto, oramai sono carne viva dentro. Non lo tollero più, visceralmente, quel suo sguardo così denso, cupo, nero di sospetto a gravare sulla mia intera esistenza. Non sono più libera di fare una minima cosa senza che ciò desti in lui il sospetto che io possa tramare l’infamia…

non sono libera di aprire la finestra sul cavedio per stendere una pezza bagnata

senza il sospetto che vi nasconda qualcosa, lì all’esterno

non sono libera di serrare la porta d’ingresso a due mandate, la sera, 

senza il sospetto che vi trafughi un disonesto amante

non sono libera di fare un salto a casa a lasciare un cartone da riciclo

senza il sospetto che vi celi un incontro segreto

non sono libera di concedermi la visione di un programma in TV prima di coricarmi

senza il sospetto che sia la mossa per chattare, o beato mistero…

e via di questo passo ogni giorno di una vita d’inferno. 


Non respiro, mia dannazione, con il fiato di uno sguardo lercio addosso a ogni mossa, uno sguardo che a torcerti è le budella per la molestia incessante di vedere, immaginare, vagheggiare sempre e solo l’ombra e lo spettro di un male fatto. Come si fa a vivere uno straccio di piacere, di gioia, di amore in una vita così? 

A ogni passo una colpa.

A ogni gesto una vergogna.

A ogni pagina un delitto.

Come se la vita non avesse altro da offrire.

Nessuna grazia.

Nessuna delizia.

Nessuna lusinga.

Come se una donna non avesse altro da partorire.

Nessuna fede.

Nessuna intesa.

Nessun garbo.

Come si fa a vivere leggeri quando è lo sguardo già impestato a soffocare ogni afflato? Come si fa, dannatamente, mia amara sorte. 


Uno sguardo che da solo è ad affondare un’intera esistenza in quella 

selva oscura, quanto a dir qual era è cosa dura, esta selva selvaggia e aspra e forte, tant’è amara che poco è più morte [INFERNO, Canto I] 

tanto è infausta che dal profondo ora maledico di esser nata donna in questo mondo. Poi mi pento, vita mia, e mi addoloro per dirla a me ancora male in quella sorte ricamata addosso e mai prosciolta a rammentare che

del resto, mi perdoni Iddio, sono solo una puttana.


Metilde S