Il triste dramma di una negazione | Del resto sono solo una puttana

Mia amata Dafne.


Se non vado errata, a volte le memorie si confondono, fu l’amico Albert Einstein - con il quale mi permetto di condividere l’atteggiamento di appassionata curiosità al di là di una lingua madre - ad affermare che

“Dio è sottile (raffiniert), ma non cattivo”

laddove in tedesco il termine raffiniert è a significare anche tortuoso, contorto. 


Ebbene, mia arcana voglia, nel bel mezzo di un cammino già oscuro e complicato il terreno, a quel punto, si fa ancora più pesante, la trama più contorta e una relazione più sfibrante, a svuotare l’anima di ogni capacità di resistenza a lei propria. Al dolore e alla sofferenza di una identità violata si aggiunge il dramma della negazione. In ogni momento, acceso o sbiadito, lui è pronto a negare

rifiuta ogni coinvolgimento

ricusa di aggredire, accusare, denigrare

respinge ogni incontro, dialogo e confronto

non c’è niente da dire, non c’è niente da affrontare, non c’è alcun problema;

è tutto nella mia testa, sono solo miei fantasmi

Meti, io solo scherzo!”


E tutto resta lì sospeso. Ogni ingombro ad affollare casa. Ogni veleno a guastare il sangue. Ogni fetore ad appestare l’aria. Troppe le carogne di un passato andato e disfatto. Troppe le larve a nutrire ombre. Troppi i relitti fra di noi. 

Non c’è morbo che guarisca.

Non c’è nebbia che si dissolva.

Non c’è vita che fiorisca.

E io a dannarmi, mia anima e ragione, a esplodere, a non capire più niente, a dare in escandescenze. Per poi avvilirmi, e chiedere scusa anche alla porta per averle tirato un calcio; vi è pure in lei un’anima che ama dentro. Al contrario di lui, mio ignoto vezzo

ho bisogno di sciogliere, sbrogliare, sbrigare ogni ingombro

per vivere liberamente;

non sopporto il peso di una sterile zavorra

non digerisco evanescenze

mi opprime la nuda oscurità

a impedire di godere il tempo di una vita per la breve ora della sua durata.

Non mi serve fuggire un demone quando è lui a porre assedio.

Non mi serve coccolarlo quando è lui a voler svanire.

Non mi serve controllarlo quando è lui a condurre il gioco.

Tanto vale già esporsi e cominciare a trattarlo, per incontrarsi, vedersi e viversi davvero finalmente - solo due, senza altri incomodi. 


È il lavoro per antonomasia, ho appreso fin qui guardando, a sporcarti una linda veste, immorale per sua natura, imbevuta di un’arcana voglia e fusa dentro. Il sapore è familiare, il gusto inconfondibile, la memoria ora mai tradita.

Del resto, qui ti rammento, mia amata beltà, che sono solo una puttana.


Metilde S