Un Capitano sfuggente | La violenza dentro
Mia amata Dafne.
Mi rendo conto e a te confesso che a vizio di un dolore mutato in rabbia son caduta… un sentimento assai rognoso e impopolare alla corte di uno spirito pio raccolto, nondimeno barbaramente umano in cuore a chi, insieme al latte, il sangue ha saggiato.
Nell'incresciosa vicenda di un susseguirsi di episodi violenti che mi vede ancora coinvolta e che a te, anima mia, è ampiamente nota, sono qui a indagare quell'aspetto assai cruciale di una fuga di notizie intervenuta unicamente a mio danno. Al contrario di molte figure professionali partecipanti, inclusa quella di un Capitano, io qui confidente non intendo sottovalutare, tacere, quando non sorvolare le dinamiche di un accaduto.
In quanto vittima fra le tante, quell'infausto giorno di febbraio non già remoto, ho voluto chiedere aiuto alle Forze dell’Ordine di competenza, ho voluto accettare di essere accolta e accompagnata dagli operatori tutti di un collegio del Codice Rosa, la Task force di pertinenza a cui è noto che anche loro in quelle vesti di Polizia Giudiziaria appartengono e ho voluto, già infine, fare "la cosa giusta" e denunciarlo, quell'aggressore in casa propria. E cosa assai più paga per quelle come me, già devastate dentro, ho voluto godere di un riserbo, di un silenzio qui lenitivo, di una tutela a me dovuta, a sentirle quelle voci di un diritto infinitamente più sancito sulla carta che agito in realtà, mia eterna sorte.
Non fa in tempo il sole a sbrigar la corsa che mi scopro, ora sì, spogliata in piazza e violentata, non dal mostro ormai recluso, ma da chi - la veste immacolata e in odor di un solo profitto - ha saputo e svenduto un dolore e un tracciato, indebitamente acquisiti, impropriamente sbandierati, sfacciatamente calpestati.
E’ noto a un Capitano il fatto che a fornire le informazioni in merito all'accaduto non fu l'ufficialità di un comunicato stampa deliberato, ma la fame di un informatore assai precoce nel suo canto che, come un ladro nella notte, ha sottratto e profanato quell’intimo a lui precluso, dando modo al compare di trasformarlo in una farsa, in una ciancia da provincia, spacciata per la cronaca di un fatto intervenuto. Il sospetto già fondato, e a lui comunicato in un incontro nel suo ufficio, che il misfatto possa originare dalle file della sua organizzazione è oggi rafforzato dalle parole di fonti autorevoli che mi confessano non trattarsi di un caso isolato e straordinario, il mio medesimo, ma di una prassi già confermata. Nulla di nuovo a quanto pare, mia amata.
Ora, e al cospetto di una potenziale consuetudine all'abuso e maltrattamento di contenuti e informazioni appannaggio di soggetti, donne qui parlando, già vittime e in cuor spezzate, il mio impegno si fortifica. Sullo sfondo di un'azione, presunta tale, volta in accordo tra le parti a favorire l'abbandono di un silenzio, forse più utile di quello della propria casa, dei propri affetti, della propria terra, da parte delle stesse vittime ivi recluse, la giustificazione d'ogni stampo di un atteggiamento di indifferenza non è di aiuto né conforto, perdona ogni impeto, mia compagna.
Lo sa un Capitano, e pure il mondo, che il mio intento o desiderio, così parlando, non è accusare o nutrire la colpa, lascio ciò a chi ha sete di condanna, ma è quello già piuttosto dell'invito rinnovato a un dialogo di approfondimento e di affrancamento dall'immobilismo qui sociale, per logorare le fondamenta di quel "muro di un silenzio" da lui stesso in piazza sì tradotto, in altra sede, in altro contesto, ma in sostanza sempre uguale.
Ho apprezzato, credimi, mia amata, la sua offerta, in forza di un rapporto personale, di farsi mediatore con l'addetta stampa qui coinvolta e trincerata, più per volontà che per dovere a suo stesso dire, nello sfregio di una tutela della fonte, non autorizzata e miseramente fuori luogo. E ancora apprezzo la bontà delle scuse dalla stessa riferite e da lui degnamente intercettate, ma l'indagine è ancora aperta e a chiedere il suo tributo.
Sconsolata al tuo cospetto, mia radice e causa, mi domando: a chi avanzare se non a loro sommi che si dicono parte della soluzione, non del problema, una richiesta qui d'aiuto a chiarire un malcostume che a persistere rischia soltanto di sostenere una realtà già consolidata di omertà e diffidenza, sempre a danno della stessa vittima, e di creare imbarazzo alla competenza dei professionisti già coinvolti?
Metilde S