Coartazioni di un borgomastro ai tempi del Covid | XXVIII luglio 2020

Mia amata Dafne.

Ancora una volta siedo qui avanti a te, consumata fra le pieghe di un tormento mai sedato, affidandolo alla tua indulgenza.


Da quel giorno 5 aprile appena trascorso e in seguito alla pubblicazione dell’ennesima ordinanza di un borgomastro assai precoce in materia di una imposta gestione delle modalità di uscita dalla propria abitazione ai tempi del Covid-19 e fino al termine dell’emergenza relativa che, in assenza di altre indicazioni è a scadere il 31 luglio prossimo venturo, vi corre l’obbligo ad oggi di schermire il volto, naso e bocca, pure all’aperto in una pretesa suggestione a contenere la diffusione dello stesso agente patogeno, in arte Covid-19 per l’appunto. Un obbligo che lo stesso governo non si è visto in grado di introdurre – ma che il valente a scavalcare non ha evidentemente ritenuto di ovvia rilevanza – poiché, fosse il caso, “servirebbero milioni e milioni di mascherine a prezzi molto contenuti e comunque ogni famiglia dovrebbe spendere non pochi soldi se ogni giorno tutti i componenti dovessero usare e gettare la loro mascherina per sostituirla il giorno dopo con una nuova. Per non parlare del rischio, a detta di una sottosegretaria , “che si sviluppi pure una pericolosa caccia all’untore, ovvero che se una persona viene vista senza mascherina per strada magari rischia di essere pure malmenata."   Quale oscura decadenza, mia compagna.


Al di là del lato pratico, con il supporto della solita minaccia di pena e sanzione a violare, rafforzata per giunta in quel vertice a Palazzo tra un Primo e le Forze dell’Ordine, in esso si sostanzia il divieto di un libero respiro all’aperto notoriamente utile a un generale equilibrio psico-fisico per la presenza elevata di ossigeno, in assenza di fattori invalidanti quali l’inquinamento. Altrettanto noto è il ruolo fondamentale dell’ossigeno per la vita stessa: affinché gli organismi possano compiere le loro funzioni vitali, è necessario che assumano continuamente ossigeno dall’ambiente esterno ed emettano anidride carbonica CO2, in parole povere. Ricordando inoltre l’investitura a beneficio di un miglioramento della resistenza cardiorespiratoria a carico dei polmoni che, divenendo più forti e sani, rispondono in maniera più efficace alle infezioni virali, e di un sistema dinamico e interattivo psiche-corpo in generale ovviamente. 


Alla luce di ciò e di quanto è ancora a seguire e, nel rispetto di una consuetudine acclarata in materia medico-sanitaria che invita a fare in modo che i benefici apportati siano sempre superiori ai danni arrecati (prove di sicurezza), sono a interrogarmi al tuo cospetto, mia amata, circa gli studi e indicatori sui quali un borgomastro, nella sua sottolineata funzione qui di unica e massima autorità sanitaria in sede, vuole aver poggiato e ancora poggiare il suo imposto trattamento sanitario collettivo delle mascherine a impedire un respiro fuori, a tutela di una salute pubblica addotta (bambini, giovani e anziani inclusi). A interrogarsi in materia è pure lui, più edotto della sottoscritta, consigliere regionale e medico, solito a impostare i suoi interventi su un fondamento scientifico o quantomeno riscontrabile, che giunge a definire un obbligo di mascheramenti all’aperto irragionevole proprio in considerazione dei potenziali effetti negativi. Due di questi, innanzitutto “sono largamente riconosciuti in letteratura:

  • indossare una maschera facciale può dare un falso senso di sicurezza e indurre le persone a ridurre l’aderenza ad altre misure di controllo delle infezioni, tra cui il distanziamento sociale e il lavaggio delle mani 

  • l’uso inappropriato della maschera – le persone non devono toccare le proprie maschere, devono cambiare di frequente quelle monouso o lavarle regolarmente.

A questi si aggiungono ulteriori potenziali effetti collaterali: la qualità e volume della conversazione tra due persone che indossano maschere sono molto compromessi e le persone possono inconsciamente avvicinarsi. Indossare una maschera facciale fa entrare l’aria espirata negli occhi, ciò genera una sensazione spiacevole e un impulso a toccare gli occhi, se le mani sono contaminate, ci si infetta. Le maschere facciali rendono la respirazione più difficile, per persone con BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva) sono insopportabili perché peggiorano la loro dispnea. Inoltre una frazione di CO2 espirata in precedenza è inalata a ogni ciclo respiratorio: i due fenomeni aumentano frequenza e profondità della respirazione, quindi aumentano la quantità d’aria inalata ed espirata – ciò potrebbe peggiorare le condizioni cliniche degli infetti se la respirazione potenziata spinge la carica virale in profondità nei polmoni. 

Impedire la trasmissione interpersonale è la chiave per limitare l’epidemia, ma finora si è dato poco peso a quanto accade dopo che una trasmissione è avvenuta, quando l’immunità innata svolge un ruolo cruciale. Lo scopo principale della risposta immunitaria innata è prevenire subito la diffusione e il movimento di agenti patogeni estranei in tutto il corpo. L’efficacia dell’immunità innata dipende molto dalla carica virale. Se le maschere facciali creano un ambiente umido in cui il Covid-19 può restare attivo per il vapore acqueo fornito di continuo dalla respirazione e catturato dal tessuto della maschera, determinano un aumento della carica virale e quindi possono causare una sconfitta dell’immunità innata e aumento di infezioni. Questo fenomeno può anche interagire con i punti precedenti e potenziarli."


A integrazione di quanto fin qui ragionato, mia viva confidente, vi sono a testimoniare le ampie e diffuse dichiarazioni della stessa nominata Organizzazione Mondiale della Sanità che nel suo rapporto pubblicato a ottobre dello scorso anno in materia di misure non farmacologiche a contenere il rischio ed impatto di influenza epi- e pandemica, ne deduce una rilevanza poco significativa in termini di efficacia. E ancora, il richiamo di un gruppo di medici nell’istanza in autotutela trasmessa allo stesso governo centrale a revocare i provvedimenti prudenziali, incluso ovviamente l’uso della mascherina che viene fortemente criticato per i danni collaterali che ne comporta, “chiarendo in modo univoco, chiaro e scientificamente credibile che il Covid-19 ha dimostrato di essere una forma influenzale non più grave degli altri coronavirus stagionali: nonostante l’Oms abbia dichiarato l’emergenza pandemica l’11 marzo, le cifre ufficiali dei deceduti, dei contagiati e dei guariti contraddicono la definizione stessa di ‘pandemia’."


A osservare poi la stessa realtà di ogni giorno e le sue grottesche declinazioni in materia, inorridisco mia amata. A dispetto di ogni indicazione di corretto utilizzo delle mascherine a camuffare (in barba pure alle disposizioni di legge in materia di dispositivi di protezione individuale), nonché di un tormentoso e propagandato principio solidaristico egemone (gli stessi consociati fondamentalisti ad aggredire il deviante), e l’essenza comprensibilmente a irrompere e palesare, è un teatro dell’assurdo a turbarmi intimamente…


Mascherine lerce e annerite 

  • a cingere la fronte ormai sudata

  • a mancare la destinazione d’uso, naso e bocca, e a vestire il doppio mento incompatibilmente

  • a ornare sterilmente avambracci e specchietti retrovisori centrali delle auto

  • a spasso a richiamare alla memoria la magia di un cestino di Cappuccetto Rosso.

Guanti non più-monouso ingialliti a tal punto su mani fradice da indurre un moto ovvio di ribrezzo

  • a spostare

  • a toccare

  • a mettere

  • a togliere

un mascheramento solo espediente a ottenere effetti estranei a una seria tutela. 

Consociati nella disgrazia che traditi dalla sventura di un corpo appesantito – non siamo tutti un filo d’erba – arrancano in affanno per le strade in salita, pur la spesa trascinando, con la mascherina a soffocare un respiro già frenato, il volto infiammato nell’ardore di un’atmosfera che a bruciare è la vita. 

Giovani ottemperanti, voglia il gregge, che nell’impeto naturale e giustificato di una immediata emotività nell’interazione, insozzano un bavaglio già intriso di germi e impurità a coltivare sotto al naso. 

Bambini che si misurano nel terrore e nell’angoscia di un nemico invisibile a invaderli con prepotenza qui mediata da un adulto ignaro e sprovveduto. 

Non ho figli, mia amata, ma assistervi mi spaventa, pure in ordine alla follia di un prospettato ritorno a colmare i banchi di scuola a settembre così bardati. A maggior ragione quando a rilevare è uno studio clinico tedesco di qualche anno fa che la respirazione di aria esalata aumenta la concentrazione di anidride carbonica CO2 nei portatori di mascherine chirurgiche, fatto che comporta stanchezza, disturbi della concentrazione e in generale una riduzione delle prestazioni fisiche e cognitive. E vi è da annotare che la ricerca è stata condotta su persone in normali condizioni di riposo e per il tempo di soli 30 minuti, andando a incrementare ulteriormente la concentrazione di anidride carbonica CO2 nel sangue in seguito alla respirazione più intensa in caso di aggravio da stimolata attività motoria e cognitiva. 


Ciò che avanza, in coda all’evidenza, è il dettaglio non indifferente, a te già noto, mia adorata sorte, di un bavaglio pure realtà a mascherare il volto a sostegno di un’obbedienza coatta pubblicamente esibita che, a fronte di una millantata e dubbia protezione e tutela contro il nemico, mi condanna invece a respirare il tanfo mefitico delle proprie esalazioni a scartare un naturale pattume e a coltivare un esercito di germi, parassiti e funghi sotto al naso abbarbicati. Non è un mistero nemmeno oltreconfine che l’imposizione della mascherina ai cittadini, in assenza di un raro senso in termini medico-sanitari, simboleggia la pubblica attestazione della paura e della cieca obbedienza a un governo. Con la minaccia della punizione le persone si vedono costrette a segnalare ai consociati la volontaria sottomissione, a prescindere da quanto sia dubbia o insensata la misura ordinata. Nella drammaticità di un tradimento governativo pure locale sono molti, infatti, a vivere nel terrore della punizione (e non del parassita) e perciò forzati a ottemperare fino a compromettere per davvero o ulteriormente la propria salute, e in casi estremi la propria vitalità (depressione, suicidio, affamazione). Con l’ausilio della metafora bellica, riduzionistica fuorviante e sprovveduta nel contesto qui di emergenza sanitaria, in quella sua dimensione semantica già intrisa di violenza (l’aggressione da parte di un nemico esterno, l’armamento terapeutico a sconfiggere, a distruggere, l’eccesso di difesa nella percezione della minaccia, il corpo non alleato ma campo di battaglia a violentare nel contenimento) chi s’impone oggi alla guida nella pretesa è ad assegnare al cittadino il ruolo passivo di un interdetto e ad affidarlo alla propria funzione di autorità sanitaria, l’unica abilitata alla tutela della sua salute. Ciò che ne deriva in quella ampia concezione di violazione della dignità attribuita all’essere umano nel divieto assoluto di ogni sua strumentalizzazione è il lecito sospetto di arbitrarietà in ordine all’evidente epifania dell’autoritatività, qui manifesta sotto forma di biopotere

  • in assenza di informazioni adeguate ed opportune circa la natura e i possibili sviluppi della misura sanitaria violentemente imposta nella presunzione di tutela

  • in assenza di partecipazione delle comunità a programmi di salute, principio fondamentale dei diritti umani e positivo per i risultati di salute, così coinvolgendo e responsabilizzando i consociati nelle decisioni che riguardano la loro salute, come indicato dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità nelle sue attività di tutela di una salute al di là della mera assistenza sanitaria

  • in assenza di ogni considerazione, fosse pure a posteriori, per i determinanti sottostanti a influire sulla salute e le infezioni quali il cibo che mangiamo, l’acqua che beviamo, l’aria che respiriamo, le case in cui viviamo o l’educazione che riceviamo, in genere ogni terreno umano

  • in assenza, nella fattispecie del mascheramento imposto, di una strategia valutativa di risoluzione del problema poggiante su una verificabile e verificata acquisizione della miglior conoscenza al momento e sul rigore di un relativo metodo a palesarla. 


In virtù di quanto enarrato, mia amata Dafne, sento il dovere di rifiutare ogni autorità nell’imposizione. Gli atteggiamenti di un borgomastro al limite del terrorismo sanitario nella sua veste di primo cittadino investito, malaugurata sorte, della funzione di unica autorità sanitaria in sede, mi offendono e mortificano il mio senso di umanità che mai è a dettarmi la prevaricazione nella condotta, nel cuore e nel pensiero. Come mai prima dell’avvento di un parassita Covid-19 lo stesso primo cittadino e facente funzione di unica autorità sanitaria in sede, ha mostrato in ordine a una determinante a influenzare la salute pubblica, l’assaggio permettendo, uno straccio di attenzione allo stato di abbandono e fatiscenza in cui versano gli edifici privati e pubblici della cittadina a fronte di una nota sindrome da edificio malato che “identificando una serie di fattori di rischio quali ventilazione insufficiente, emissione di sostanze odorose e irritanti da parte di materiali e apparecchi, danni dovuti all’umidità, oltre ad un clima sgradevole nel locale, va a determinare effetti a carico di

apparato respiratorio

apparato cardiovascolare

cute e mucose esposte

sistema nervoso

sistema immunologico,

quella stessa sindrome familiare anche al Ministero della salute italico.


Qui s'impongono alla memoria, amata mia ventura, in quell'incanto di una vita assolta, le parole di un tal Mazzini, uomo franco dell'Italia in fasce...

“E chi può, anche in una società costituita su basi più giuste che non le attuali, convincere un uomo fondato unicamente sulla teoria dei diritti, ch’egli ha da mantenersi sulla via comune e occuparsi di dare sviluppo al pensiero sociale? Ponete ch’ei si ribelli; ponete ch’egli si senta forte e vi dica: <rompo il patto sociale; le mie tendenze, le mie facoltà mi chiamano altrove; ho diritto sacro, inviolabile, di svilupparle, e mi pongo in guerra contro tutti: > quale risposta potrete voi dargli stando alla sua dottrina? che diritti avete voi, perché siete maggiorità, d’imporgli ubbidienza a leggi che non s’accordano coi suoi desideri, colle sue aspirazioni individuali? che diritti avete voi di punirlo quand’el le viola? I diritti appartengono eguali ad ogni individuo: la convivenza sociale non può crearne uno solo. La Società ha più forza, non più diritti dell’individuo. Come dunque proverete voi all’individuo ch’ei deve confondere la sua volontà colla volontà de’ suoi fratelli nella Patria o nell’Umanità? Col carnefice, colle prigioni? Le Società fin ora esistenti hanno fatto così. Ma questa è guerra, e noi vogliam pace: è repressione tirannica, e noi vogliamo educazione."

Metilde S