La coscienza ai tempi del Covid | XIV giugno 2020

Platealmente pletorico, mia amata Dafne, e in linea con il suo modello, nei toni e nei modi, pure lui, qui primo cittadino, non lesina la minaccia reiterata per soddisfare il suo unico cimento, la mania del controllo, sfogata sui cittadini nella insolita contingenza, con il solo risultato di suscitare un malessere soffocante. I suoi profili FB, utilizzati per rendere le comunicazioni ufficiali all’odierna costumanza, sono esaustivi nell’imbarazzo. Come il suo compagno, anch'egli è oggi, con lo stesso pretesto dell’emergenza Covid-19, a ergersi a massima autorità sanitaria e da quell’alto a imporre le sue sproporzionate e arbitrarie misure di claustrazione, nell’accanimento mortificanti di una libertà pure psichica e morale mia propria. A inneggiare oggi alla responsabilità secondo l'apologeta e a impormela, pena l’adozione di nuove ordinanze a ulteriore irrigidimento, è la stessa veste che, nell’ottobre 2017, in un contesto denso di disagio sociale a interessare noi e il borgo, brillava per assenza. Il suo modo, oltretutto, di sconfinare “nell’abbraccio” a concludere la pubblicazione dei comunicati ufficiali nella contingenza è inopportuna e molestante in quel massimo rispetto reciproco di un rapporto formale tra addetto della Pubblica Amministrazione e cittadini, oltre a delineare già i contorni di una classica tendenza al favoritismo clientelare: personalmente non mi sento e nemmeno mi voglio sentire tanto affine nella vicinanza con ogni genere di autorità da essere stretta nell’abbraccio, mia amata confidente, tu stessa a guidarmi.

Metilde S