Disse un sommo poeta ai tempi del Covid | XVII maggio 2020
Confesso, mia amata, sempre dentro e mai tradita, vi è quell'uno ancora, gran caporale, il cui capriccio di un'ossessiva claustrazione del cittadino, a distruggere le sue libertà nel desiderio oscuro di renderlo maggiormente dipendente, così schiavo e gestibile,
nell’aggravio, inoltre, di un uso della stessa indiscriminato e punitivo,
a pregiudizio della persona in quella falsa pretesa della tutela,
che in verità è soltanto criminalizzazione e obbligo a scontare un debito,
ingiusto e ingiustificato,
addossato illegittimamente nell’inadeguatezza di un governo ingeneroso e tiranno,
attribuito in quanto colpa per essere la naturale manifestazione fisica di un parassita vorace in latenza,
e pertanto, nella tormentosa azione moralizzante, l’appropriazione del corpo allo scopo di iscrivere in esso la sua onnipotenza repressiva, mi offende, mi ferisce nella sensibilità a me propria, mi violenta. I suoi inni, i suoi canti, i suoi intollerabili richiami reiterati alla responsabilità, sono un oltraggio alla stessa idea, allo stesso concetto, oltre a risultare impropri e ingiuriosi in bocca a lui, un uomo che si sente autorizzato a scagliare pietre impunemente e noncurante di una veste sua nera a essudare ogni peccato...
E io a lui: "Con piangere e con lutto,
spirito maladetto, ti rimani;
ch'i' ti conosco, ancor sie lordo tutto".
Metilde S