Disimpegno morale e autoassoluzione ai tempi del Covid | XII luglio 2020
Mia amata Dafne.
All’alba di una decretata Fase 2 dell’emergenza siedo ancora qui e ti scrivo per confidare a te alcune riflessioni a lenire la sofferenza, in affanno un respiro.
Nella fattispecie e dalla prima ora, l’attuale emergenza si è qui distinta per il massiccio utilizzo, da parte di chi è a imporsi alla tutela e al governo, dello strumento della moral suasion quale dirimente, una responsabilità individuale e collettiva che a fare leva è sulla forza morale della democrazia. Uno strumento questo, condivisibile nella sostanza, oltraggioso nell’impiego, che a iscriversi è piuttosto fra le norme della cosiddetta soft law, la cui garanzia di osservanza si fonda sull’autorevolezza del soggetto che le ha emanate e, quindi, sulla forza persuasiva di quest’ultimo. Ora, mia amata, considerando il mio già esposto disagio nei confronti di un tal governo e la sua dubbia autorevolezza, la cui unica forza persuasiva irradia da una esagerata considerazione del proprio ruolo e dall’uso indiscriminato di pene, minacce e sanzioni a torturare, vi è una dimensione accertata e infestante la matrice di una politica in Italia, che è quella del disimpegno morale e i suoi meccanismi pure psicologici di autoassoluzione.
In verità è giustappunto “il disimpegno morale, confortato e sostenuto da argomentazioni interne ed esterne giustificative e autoreferenziali che permette a molti politici presenti sulla scena italiana attuale di venire meno alle norme, ai valori e ai patti che abitualmente regolano le democrazie rappresentative, senza avvertire alcun disagio e/o cadute nella percezione della propria integrità psichica." Gli aspetti assai noti di un’ampia diffusione della responsabilità, misti a quegli altri, indegni nella contingenza, dell’etichettamento eufemistico, ovvero la razionalizzazione di un comportamento come mezzo ingiusto ma necessario a raggiungere mete e obiettivi, qui in apparenza giusti, “quando vi sia la sottointesa complicità delle istituzioni e degli ordinamenti, possono addirittura trasformare in torturatori alcuni più o meno scialbi personaggi”.
Nella migliore tradizione di una diffusione della responsabilità endemica in politica, la sua elevata morbosità non ha risparmiato nemmeno quei soggetti che oggi si impongono al governo di una voluta emergenza sanitaria nel contesto, con “politici e dirigenti nonché esperti che li hanno affiancati che non hanno voluto prendersi la responsabilità di elaborare un piano a più livelli e un quadro realistico dei possibili scenari previsionali, né si sono confrontati con le decisioni prese negli altri paesi europei i cui esperti hanno fatto e deciso cose diverse. In circostanze del genere chi consiglia il governo, deve essere in grado di elaborare analisi a più livelli ponderando rapporti costi benefici dettagliati e credibili in cui nel piatto della bilancia debbono finire non solo gli aspetti sanitari ed economici, ma anche quelli sociali, quelli relativi alle libertà degli individui. Chiaramente per elaborare una risposta del genere devi avere uno Stato e delle regioni ben funzionanti, in cui le catene di comando e di comunicazione siano chiare, trasparenti e ben articolate: cose che in Italia ci sogniamo." Ad accreditare ciò, in sintesi, è anche un noto corrispondente RTL e n-tv dall’Italia all’indomani della sentenza del 5 maggio appena trascorso della Corte Costituzionale tedesca dichiarando che “[…] se oggi l’Italia deve affrontare CovDi19 in mutande, è dovuto unicamente ad una politica del facile consenso a spese delle future generazioni, in atto […] da 50 anni. Una costante della politica italiana.”
È a mortificarmi una tale perseveranza nel vizio, mia sempre amata!
Metilde S