Dello stato d'assedio ai tempi del Covid | XXIX MAGGIO 2020

A riallacciare le sorti di un infausto incontro, mia amata, ti confido che lo stesso agente Mandatario - nei modi sì altezzosi, di cui nell'ultima ti narrai - non è nuovo agli eccessi e allo sviamento. In occasione di un’istanza presentata al principale mesi fa, in materia di violazioni del codice stradale, della privacy e del diritto alla salute nei pressi della nostra abitazione, gli incontri con lo stesso si risolvevano abitualmente in accese lungaggini verbali da parte sua sui presupposti culturali diversi tra nord e sud (con riferimento alle mie origini), in cui tentava in ogni modo di iscrivere il trattamento assai dissimile di norme e condotte in questa rada di terra del meridione e di illegalità. 

È inoltre nota la mia attività di scrittrice. Le mie pubbliche narrazioni, mai diffamatorie, ma di impegno civile, rese nel mio tipico linguaggio di inclusione e di apertura al mondo, al territorio e all’altro da me, trattano argomenti ombra della nostra società che, disvelati, rischiano di infastidire chi, invece, vuol celare. È fatto noto pure la resistenza all’emersione, ma è intollerabile che io debba subire perciò, insieme ai miei cari, quei pochi qui alleati, ogni possibile azione discriminatoria e ritorsiva fin qui già compiuta e ora inasprita con il pretesto della voluta emergenza sanitaria


Ne è ancora testimonianza, nella stessa circostanza dell’incontro con l’agente Mandatario,  in quell'ora amara, il contributo improprio fornito dal Comandante della Stazione CC qui di stanza e sopraggiunto all’occorrenza, in abiti civili e macchina privata. Dalla narrazione risulta evidente il mio disagio e la mia difficoltà nel tentativo di difenderci dall’abuso, nemmeno giustificato da un’ordinanza pure dubbia. Il Comandante quel giorno fermandosi, unicamente per prestare manforte al collega agente della Polizia Municipale, era già a conoscenza delle mie generalità. Fu a lui che mi rivolsi, a metà luglio del 2018, per segnalare il comportamento improprio di un suo sottoposto. Tergiversando sulla gravità dell’accaduto, decisi allora di scrivere una lettera a memoria delle mie obiezioni, sottoponendola alla sua attenzione e per conoscenza alle istanze superiori. In un accesso di arrogante dimostrazione d’imposta autorità a mia discriminazione, il Comandante, qui censore neo appuntato, rifiuta la mia giustificata richiesta di aiuto, negandomi la facoltà di parola, il mio diritto di esprimere una personale posizione nella contestazione. Nell’illegittimo crescendo

  • mi oppone il NO categorico verbalmente,

  • lo accompagna, intimandomi l’ALT, in quel tipico gesto di un braccio teso,

  • mi obbliga a tenere la distanza (già data per altro) e in ultimo, nella violenza dell’atto in quel suo significato sublimato,

  • mi COMANDA IL BAVAGLIO.

ALEA IACTA EST! - adorata mia ventura.

Metilde S